Esistono, al mondo, luoghi molto simili tra loro, magari distanti migliaia di chilometri ma con molte caratteristiche comuni, paesaggistiche ed ambientali.
Noi ne conosciamo due, quasi uguali fra loro. In comune hanno un enorme, pacifico e frastagliato delta, foce di un fiume lungo ed importante; una vastissima area paludosa soggetta a forti maree; un ambiente ricco di fauna e flora dove i grandi e solitari spazi si confondono nella vastità degli orizzonti.
Lunghe spiagge, canne agitate dal vento, grida di uccelli che nidificano e vivono indisturbati, tranquilli canali, a volte nascosti e misteriosi lungo i quali scorrono silenziose barche che ricordano antichi racconti di briganti e bracconieri e fiocinini.
E poi cigni, folaghe, anatre e fenicotteri e poi ancora daini, bufali, tori e tanti, tanti cavalli bianchi. Una sola differenza c'è tra questi due luoghi distanti tra loro geograficamente, ma vicini e simili nell'immagine del paesaggio: davanti al primo, il grande sole rosso, un po' offuscato dalle brume e dalle nebbie mattutine, sorge.
Davanti al secondo, in un identico orizzonte di mare, lo stesso sole tramonta. Il primo luogo è il nostro delta del Po ed il secondo è la Camargue. E proprio quel caratteristico e famoso cavallo camarghese simbolo del delta del Rodano, da qualche anno è stato trapiantato proprio sul nostro delta del Po.
Docile, bianco, agile, resistente, dotato di grande intelligenza, per la sua atavica natura selvaggia non perde occasioni di dimostrare la sua autosufficienza. E senza dubbio uno degli abitanti più antichi di quella pianura di stagni e paludi dove il Mediterraneo si confonde con il Rodano.
La discendenza del cavallo camarguense non è certa: chi lo riferisce al destriero paleolitico perché rappresentato nei graffiti di caverne di Niaux e Lauscaux e chi trova in lui rassomiglianze con il cavallo mongolo ipotizzandone la derivazione dall'Asia. Certa è solo una lettera datata 399 d.C. in cui Simmaco, proconsole di Roma chiedeva a un proprietario terriero della Camargue, certo Bassus, alcuni esemplari di suoi cavalli bianchi, docili ed intelligenti, per suo figlio.
Ed è proprio grazie a questa innata docilità del cavallo e alla sua grande capacità di ambientamento, oltre che alla analogia tra la natura della Camargue quella del Po, che Gualtiero Mazzoni imprenditore ortofrutticolo ferrarese, ha trapiantato lungo il litorale di Volano forse il più grosso branco di cavalli camarghesi che sia mai stato esportato nel resto dell'Europa.
Sono oltre settanta le bianche criniere che si possono scorgere avvicinandoci a questa riserva protetta (oltre 60 ettari) che si espande con lunghe strisce di terra tra le acque deltizie del Po.
Abbandonate le strade statali che conducono ai Lidi Ferraresi degli Scacchi, di Pomposa e delle Nazioni, si imbocca una via che corre sul grande argine che separa la terra dal mare e si arriva alla riserva del "Cavallo del Delta". Infatti Gualtiero Mazzoni, per passione verso la sua terra e per amore della Camargue e della sua fauna, ha creato questo parco naturale dove vivono e si riproducono gli animali.
Soprattutto per i cavalli, ora marchiati con la lettera greca "6" delta, spera di poter ottenere il riconoscimento della razza anche in Italia.
"Ho voluto, contro i consigli e la volontà di molti, inserire qui nel delta del Po, in un'area paludosa da me appositamente acquistata, il cavallo della Camargue, esclusivamente per una finalità ecologica naturale ed una affinità di habitat tra queste due zone.
Infatti oltre ai cavalli ho importato tori e uccelli, molti dei quali purtroppo spariscono...". Ma un'altra ragione è stata anche quella di favorire un turismo alternativo, come passeggiate a cavallo sulla spiaggia o sugli argini, attorno alle palude, oltre che invitare a percorrere in maniera nuova e diversa una zona, quasi dimenticata.
Quelle delle spiagge deserte, delle zone paludose e lagunari, dei cannetti, dei boschi della Mesola e delle valli insolite e sconosciute dove Mazzoni ci porta ad ammirare le vecchie case oggi abbandonate, i casoni lambiti dall'acqua, le antiche "anguille" anch'esse abbandonate ma ancora intatte forse come un secolo fa. Al posto dell'aia dei nostri contadini, hanno un piccolo lago artificiale con pali conficcati a lisca di pesce dove le anguille andavano ad intrappolarsi seguendo come "esca" l'odore dell'acqua di mare.
E' anche questa l'affascinante natura da conquistare e da scoprire a cavallo sul Delta del Po.